La produttività del lavoro in Italia registra da decenni un andamento piatto. Tra il 1995 e il 2022 l’incremento medio annuo della produttività è stato pari allo 0,4%, contro l’1,0% della Francia e l’1,3% della Germania (fonte: ISTAT – Misure di produttività 1995-2023, p. 10).
Anche la Spagna - che partiva da livelli analoghi a quelli italiani - ha avviato una fase di recupero registrando una crescita media annua dello 0,9% a partire dal 2008.
Sebbene questi dati siano noti le implicazioni operative restano sottovalutate. La stagnazione italiana non è imputabile solo a fattori congiunturali o scelte di politica economica, ma riflette una debolezza strutturale del sistema produttivo: un'incapacità diffusa di trasformare risorse in valore.
È possibile individuare quattro ambiti principali di criticità ricorrente che contribuiscono in modo interdipendente al quadro stagnante:
Questi fattori non operano in modo isolato: si rafforzano reciprocamente contribuendo alla formazione di un sistema che fatica a generare valore in maniera stabile, continuativa e sostenibile.
Nel contesto italiano la stagnazione della produttività viene spesso spiegata ricorrendo solo ai fattori esogeni come il livello degli investimenti, il quadro macroeconomico o il ritardo nell’adozione dell’innovazione. Tuttavia, un’analisi tecnica più approfondita evidenzia come in molti casi la vera criticità risieda nella mancata progettazione sistemica dei processi aziendali. Questi costituiscono il sistema nervoso dell’organizzazione: collegano strategia, struttura e risorse trasformando scelte di alto livello in esecuzione operativa.
Quando i processi non sono progettati - ma semplicemente “accumulati” nel tempo - le strategie restano astratte e i modelli di business si indeboliscono nella fase di attuazione. Le organizzazioni si ritrovano così a operare su basi incoerenti, dove le attività non seguono logiche di flusso ma si susseguono per consuetudine e le prestazioni dipendono più dalle persone che dal sistema.
Tra le disfunzioni più comuni si riscontrano:
Queste condizioni determinano un assetto produttivo inefficiente: l’organizzazione fatica a generare output proporzionati agli input, accumula costi sommersi, riduce la qualità della decisione operativa e ostacola ogni forma di scalabilità. La distanza tra ciò che il modello di business promette e ciò che l’impresa è in grado di realizzare si manifesta proprio nella mancanza di un sistema affidabile.
L’unico modo per colmare questo divario è intervenire sui processi in maniera ingegneristica: analizzare i flussi reali, eliminare le attività non a valore, definire regole e ruoli, stabilire metriche e promuovere un sistema di miglioramento continuo fondato su evidenze.
Per valutare l’impatto concreto del miglioramento dei processi sulla produttività auxiell ha condotto un’analisi su un campione di 82 aziende clienti. L’indicatore osservato è la variazione della produttività nel biennio successivo all’avvio di interventi di trasformazione.
I dati parlano chiaro: in media si registra un incremento del 2% nel secondo anno, un valore che pur sembrando contenuto in termini assoluti risulta cinque volte la media nazionale, pari allo 0,4% annuo (fonte: ISTAT, Misure di produttività 1995–2022).
Il dato acquista ulteriore rilievo se si considera la struttura del campione: il 65% delle aziende coinvolte appartiene al segmento micro e PMI (con fatturato inferiore a 100 milioni di euro). Questo dimostra che lavorare sulla progettazione dei processi non è una prerogativa delle grandi imprese, ma una leva concreta e replicabile per migliorare la competitività anche nel cuore del tessuto industriale italiano.
Va inoltre sottolineato che non tutte le aziende coinvolte avevano come obiettivo l’aumento della produttività. Tuttavia anche in questi contesti è aumentata come effetto collaterale positivo della trasformazione.
Ci sono poi casi in cui l’obiettivo dichiarato era proprio il miglioramento della produttività e i risultati ottenuti sono stati significativi. Tra le nostre Case History puoi trovare due esempi approfonditi:
In un contesto in cui la produttività è spesso trattata come un tema astratto o di sistema questi risultati dimostrano che intervenire sui processi funziona. Serve metodo, serve misurazione, ma soprattutto serve la volontà di mettere mano a ciò che ogni giorno determina davvero la performance.